(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 22 feb. - Per quasi un italiano su due (41%) la fine della pandemia è ormai vicina. La quota di italiani che pensano che il 'peggio sia passato' è ben più alta di circa un anno fa, quando a marzo 2021 era solo il 17% a pensarla così. È uno dei risultati emersi dall'indagine realizzata dall'EngageMinds HUB, il Centro di ricerca dell'Università Cattolica, campus di Cremona sulla base di dati recentissimi, raccolti ed elaborati tra fine gennaio e inizio febbraio. La ricerca è parte di un Monitor continuativo sui consumi alimentari e sull'engagement nella salute che rientra nelle attività del progetto CRAFT (CRemona Agri-Food Technologies) e di Ircaf (Centro di riferimento Agro-Alimentare Romeo ed Enrica Invernizzi). È stata condotta su un campione di oltre 7000 italiani, rappresentativo dell'intera popolazione per sesso, età , appartenenza geografica e occupazione.
"Inoltre, la metà del campione intervistato (49%)- si legge nella nota diffusa dall'Università Cattolica (Unicatt)- ritiene che oggi Covid-19 sia meno pericoloso di prima: a settembre 2021 era il 37% e a marzo 2021 era solo il 19% a pensarla così".
"Gli Italiani hanno ora necessità di 'voltare simbolicamente pagina', riconquistandosi spazi di libertà di vita ma soprattutto riacquisendo capacità progettuale sul proprio prossimo futuro- commenta la professoressa Guendalina Graffigna, Ordinario di Psicologia dei consumi e della salute e direttore dell'EngageMinds HUB dell'Università Cattolica- Una necessità frustrata a più riprese dalle precedenti ondate della pandemia ma che ora più che mai diventa necessaria per dare ossigeno anche sul piano psicologico".
"C'è aria di riapertura- spiega la professoressa Graffigna- infatti 'proprio in questi giorni è caduto l'obbligo di indossare la mascherina all'aperto, con la prospettiva - ancora lontana e tutta da confermare - di allargare questa possibilità persino agli ambienti chiusi".
"Non a caso gli italiani sembrano meno preoccupati per il virus. Infatti- prosegue l'Ateneo- alla domanda 'si ritiene preoccupato per la sua salute' ha risposto 'sì' solo il 18% del campione, contro il 35% di marzo 2021. Si mantiene stabile il timore di nuove varianti del virus Sars-Cov-2, ma tutto sommato su livelli non elevati, cioè pari al 28%. Si fa tuttavia sentire 'l'effetto Omicron', visto che sulla questione specifica del percepirsi a rischio di contagio risponde positivamente il 38% del campione, una percentuale in forte aumento dal settembre scorso, quando era il 26%".
"Questo dato, che mostra quanto gli italiani si sentano a rischio contagio, è particolarmente rilevante oggi, in fase di allentamento di alcune restrizioni e nel quale si prospetta la fine dell'emergenza- sottolinea Graffigna- Si tratta di evidenze importanti e rassicuranti perché indicano che gli italiani sono pronti e consapevoli a convivere con il virus, riappropriandosi di qualche libertà persa ma senza comportamenti superficiali".
Ci sono però dei distinguo da fare a seconda delle fasce demografiche, con evidenze non scontate. "Per esempio emerge che gli over60, che da inizio pandemia si sono sempre mostrati tra i più cauti, oggi si rivelino meno preoccupati della media nazionale (28% contro 38%), e soprattutto lo risultino assai meno dei trenta-cinquantenni, la fascia, ricordiamolo, dove in Italia risiede la maggior parte dei non vaccinati, che a fronte di un atteggiamento più sicuro nel passato, oggi, per il 42% dei casi denunciano particolare preoccupazione verso il rischio di contagio", conclude l'esperta.
(Red/ Dire)