(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 22 feb. - "In questi mesi ho fatto tanta opera di convincimento non soltanto pubblica ma anche privata, nel senso che in questi mesi ci hanno scritto molte persone per essere rassicurate sul vaccino. E ci siamo resi conto che, superata la fase iniziale della prenotazione volontaria, dove tutti quelli che si volevano vaccinare lo hanno fatto, poi dal punto di vista istituzionale è un po' mancata la 'fase 2' della campagna vaccinale, cioè le cosiddette strategie di comunicazione e persuasione individuale che servono a convincere gli indecisi.
Alcune persone hanno accettato questo tipo di comunicazione individuale e si sono convinte a vaccinarsi". Così il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, interpellato dalla Dire in merito agli italiani ancora indecisi a vaccinarsi.
"È chiaro che più passa il tempo- ha proseguito Cartabellotta- più si arriva a quello zoccolo duro di resistenza ideologica che, di fatto, è praticamente impossibile da scalfire ulteriormente, proprio perché si tratta di persone con ideologie no-vax assolutamente non modificabili. Credo che l'esempio del tennista Djokovic sia assoluto, cioè 'io rinuncio a tutto perché del mio corpo faccio quello che voglio'. Bisognerebbe entrare nel merito di altri aspetti della psicologia dell'individuo, ma in ogni caso non è il colloquio motivazionale a convincere la persona a vaccinarsi".
Quello che si potrebbe fare in qualità di operatori del settore è "provare a convincere gli indecisi, ma la frangia della resistenza assoluta, composta da persone che vedono nella vaccinazione qualcosa di invasivo all'interno del proprio corpo oppure addirittura una vessazione di tipo politico/istituzionale- ha aggiunto il presidente della Fondazione Gimbe- è chiaro che quello non è un problema risolvibile. La percentuale è comunque molto bassa, si aggira intorno al 3,4 o 5% dell'intera popolazione, non credo oltre, esclusa ovviamente la fascia pediatrica".
(Red/ Dire)