
Roma, 16 mar. - La celiachia, la più frequente patologia autoimmune del bambino che coinvolge in prima istanza l'intestino, registra in Italia una prevalenza tra le più alte al mondo: 1 caso ogni 60. Lo sottolinea un importante studio multicentrico condotto su 9.000 alunni delle scuole elementari di Ancona, Bari, Milano, Padova, Reggio Calabria, Roma, Salerno e Verona. Un risultato che pone il nostro Paese all'avanguardia nello studio di una condizione che sta aumentando e non solo in età pediatrica.
I risultati principali della ricerca sono stati presentati oggi nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Roma presso l'Auditorium del ministero della Salute. L'evento è stato organizzato dalla Società Italiana di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica (Sigenp). "La celiachia- ha informato il direttore dell'Unità Operativa di Gastroenterologia Pediatrica e Fibrosi Cistica dell'Università di Messina e presidente Sigenp, Claudio Romano- ha rappresentato, nel corso degli ultimi 30 anni, il più importante filone di ricerca della Sigenp. I più significativi studi internazionali nell'ambito della epidemiologia, delle manifestazioni cliniche e dei criteri per la diagnosi e la gestione della dieta sono infatti stati prodotti da gruppi di ricerca italiani appartenenti a questa Società. Malgrado il crescente interesse verso questa condizione nell'ambito medico e generale- ha proseguito- rimangono ancora tanti i casi di celiachia non diagnosticati, per cui la ricerca dei casi sfuggiti ad una diagnosi rappresenta ad oggi un obiettivo primario dal punto di vista sanitario".
La terapia della celiachia - ha poi informato Romano - consiste "nella dieta con esclusione rigorosa di glutine contenuto in alcuni cereali , tra cui il frumento, per tutta la vita. La Sigenp si è impegnata nello studio più ampio mai realizzato al mondo su questo tema, che ha coinvolto un campione totale di 9.000 bambini delle scuole elementari di varie zone d'Italia".
Lo screening di primo livello è stato condotto attraverso un semplice pungidito per verificare, su una goccia di sangue, la presenza di anticorpi che indicano la predisposizione genetica. I bambini positivi a questa prima indagine sono stati poi invitati a sottoporsi a un prelievo di sangue per verificare più approfonditamente la diagnosi di celiachia. "Il lavoro presentato oggi, di cui sono stato l'ideatore- ha aggiunto il direttore della Clinica Pediatrica dell'Università Politecnica delle Marche di Ancona, Carlo Catassi- è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista 'Digestive and Liver Disease', una tra le prime riviste a livello mondiale nell'ambito della gastroenterologia, disponibile on line e visibile a tutti. Si tratta dello studio più ampio mai eseguito in Italia sulla celiachia, uno dei maggiori al mondo, e ha messo in luce l'alta prevalenza di questa condizione nel nostro Paese: in Italia circa un bambino su 60 è celiaco. Si tratta di una patologia permanente, che richiederebbe una diagnosi tempestiva per scongiurare complicanze tardive anche gravi, come osteoporosi, infertilità, rari casi di tumore".
"Oltre alla grande diffusione di questa condizione in Italia- ha poi affermato- lo studio ha rilevato anche un serio problema di sottodiagnosi. Il dato è preoccupante: solo il 40% dei casi ottiene una diagnosi di celiachia su basi cliniche. I medici prestano molta attenzione al minimo sospetto di celiachia, ma spesso i genitori non portano i figli dal pediatra perché non rilevano sintomi particolari. Tra i primi campanelli d'allarme va considerata la familiarità per celiachia, la presenza di altre patologie autoimmuni, che spesso si manifestano nello stesso soggetto o in ambito familiare".
Catassi ha poi tenuto a precisare che "possono essere sintomi di celiachia la diarrea o la stitichezza, i dolori addominali, l'anemia da carenza di ferro, il vomito, la stanchezza cronica, solo per elencarne alcuni. La patologia si può manifestare a ogni età, anche nell'adulto, ma spesso insorge nel bambino dopo il divezzamento, cioè quando il piccolo inizia a introdurre glutine nell'alimentazione, nutrendosi anche con farine, pane, pasta e biscotti. La latenza è di alcuni mesi o anni, poi si può si manifestare la patologia. La fascia d'età più colpita è quella che va dai 2 ai 10 anni".
I dati indicano anche che le femmine sono più colpite dei maschi, in rapporto di due casi a uno: come quasi tutte le malattie autoimmuni sono più frequenti nel sesso femminile e per quanto riguarda la distribuzione geografica è ormai certo che l'Italia è tra i Paesi in cui la prevalenza è maggiore, insieme a Svezia e Finlandia ma anche India e Nord Africa. In Giappone o nelle Filippine è una condizione assolutamente rara, grazie alle caratteristiche dell'alimentazione orientale basata sull'ampio consumo di riso. La situazione sta, però, cambiando: popolazioni che difficilmente si nutrivano con derivati del frumento, oggi iniziano a consumare panini con hamburger e pizze. Ecco perché i casi di celiachia stanno aumentando anche in quelle zone. Sulle cause del problema gli esperti sono d'accordo: si può affermare che la celiachia dipenda per il 40% dalla predisposizione genetica, per un altro 40% dall'alimentazione e il restante 20% da fattori ancora sconosciuti. Se una persona ha la predisposizione genetica ma non consumerà mai glutine, non svilupperà la malattia.
Alla luce di questi risultati bisogna quindi trovare strategie per tenere sotto controllo il fenomeno. "Le indicazioni emerse dal nostro studio- ha concluso Catassi- sottolineano la necessità di uno screening nazionale della celiachia, perché abbiamo verificato che nonostante l'attenzione che i pediatri italiani pongono sull'argomento, la sottodiagnosi è ancora un problema enorme".
(Red)