Roma, 7 nov. - Un intervento sul tema giovani e cannabis a firma del professor Antonio Bolognese pubblicato sulla rivista internazionale Nd-Natura docet. Bolognese è il responsabile scientifico del Gruppo di lavoro dell'Omceo Roma.
BREVE STORIA DELLA CANAPA "Cannabis sativa" è il nome scientifico della canapa, pianta conosciuta fin dagli albori dell'umanità per la molteplicità dei suoi impieghi, soprattutto in ambito tessile (tessuti, corde, funi) ma non esclusivamente: Gutenberg, ad esempio, realizzò le prime copie stampate della Bibbia su carta di canapa e, fino alla fine del XIX secolo, oltre l'80% della carta, in tutto il mondo, era prodotta utilizzando fibre di canapa. Con i suoi semi, inoltre, si possono realizzare oli, pane, pasta, altri alimenti ad alto contenuto proteico e con un rapporto ottimale tra acidi grassi omega 3 e omega 6. Purtroppo un importante "rovescio della medaglia" caratterizza alcune varianti di questo vegetale, selezionate ad hoc (cumulativamente indicate come "Cannabis indica" - canapa indiana- : mera variante fenotipica della Cannabis sativa e non specie a sé) che rientrano a pieno titolo fra le droghe vegetali utilizzate prevalentemente attraverso il fumo, sotto forma di marijuana o di hashish, fondato sulla presenza di uno dei vari cannabinoidi, il THC, capace di interagire con recettori specifici ("recettori dei cannabinoidi"), fatto che evidenzia la presenza di sostanze fisiologiche analoghe, gli endocannabinoidi, analogamente a quanto accade per morfina e oppiati interni (endorfine). Che tali sostanze possano avere un significato terapeutico si sa dalla notte dei tempi (le infiorescenze femminili di particolari varietà di canapa erano utilizzate nell'antica Cina come antidolorifici) ma il rischio connesso ad un abuso è troppo elevato per non allertare un'opinione pubblica ancora troppo benevola nei confronti di droghe definite "leggere": è appena il caso di ricordare che il termine "assassino" deriva dall'arabo "hasciascin", denominazione di una tribù capeggiata dal "Vecchio della Montagna", i cui adepti prima di compiere delitti, si drogavano con una bevanda estratta dalla canapa indiana (in arabo: hascisc).
DROGA: PORTA DELL'INFERNO Molto è stato detto e scritto in tema di "droghe", cioè del modo apparentemente facile di superare problemi e difficoltà uscendo dal proprio autocontrollo, per cercare rilassamento o eccitazione, abbandonandosi ad una situazione mentale che, inizialmente, può sembrare attrattiva, per rivelarsi successivamente, molto spesso, autentica anticamera di inferno e morte. La porta di ingresso, nei giovani, è spesso l'emulazione, esattamente come per il tabacco, venendosi a configurare uno scenario dove componenti sociologiche e psicologiche si intersecano con gli squallidi mondi dello spaccio e della criminalità, come sempre accade quan do politiche necessariamente proibizionistiche non vengono adeguatamente controbilanciate da conoscenza ed educazione. Nel caso specifico della cannabis, inoltre, considerazioni legate al possibile utilizzo farmacologico controllato, in svariate patologie a componente algica, rischiano di fornire una sorta di giustificazione all'uso voluttuario, complicando un quadro già di per sé variegato, che merita di essere chia rito con la massima attenzione, soprattutto in epoca post-pandemica, che vede la gioventù a massimo rischio, parallelamente all'incremento vertiginoso di ansia e depressione iniziato con il lockdown.
GIOVANI E CANNABIS La cannabis è, notoriamente, la droga più consumata dai giovani, fatto di per se stesso preoccupante, che assume gravità ulteriore considerando che il contenuto in tetraidrocannabinolo (THC), il maggior componente psicoattivo della cannabis, è raddoppiato rispetto ad una decina d'anni fa, passando dall'8% al 16%, mediamente, della composizione, mentre parallelamente è sceso il contenuto di Cbd (cannabidiolo), in grado di compensare svariati effetti nocivi del THC, con conseguente maggior rischio di dipendenza e di insorgenza di disturbi psicotici. Una cannabis, quindi, oggi molto più potente e pericolosa che in passato. "Il tetraidrocannabinolo - cita Riccardo Gatti, Direttore del Dipartimento dipendenze dell'Asst Santi Paolo e Carlo di Milano - va ad agire su recettori specifici che si trovano in aree del cervello che hanno a che fare con funzioni complesse: come la formazione di un giudizio, la percezione di piaceri, la capacità di apprendere o di memorizzare e il movimento. Il risultato complessivo, per molti piacevole, è in realtà dettato da un disequilibrio del funzionamento generale del cervello. Un aspetto che risulta ancora più pericoloso tra gli adolescenti, dal momento che la struttura risulta ancora in formazione e può accumulare danni permanenti".
La gravità della situazione e i reali rischi di ulteriore potenziale aggravamento emergono dall'evidenza di una strategia criminale in atto, mirante a colpire le fasce più giovani, fin dall'infanzia: già nel 2021, l'European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction (EMCDDA) aveva denunciato aumento di prodotti commestibili contenenti cannabis, e i danni alla salute associati al loro consumo. Erano quasi sempre dolci: caramelle o cioccolatini, esattamente come accaduto di recente, in Italia, quando è stata segnalata la disponibilità online di prodotti del tutto simili a quelli venduti nei supermercati (biscotti con gocce di cioccolato, caramelle, patatine, cereali da prima colazione, contenenti THC, il principio attivo della cannabis responsabile del cosiddetto "sballo" (effetti psicotropi), ad insorgenza più tardiva rispetto al fumo ma molto più prolungata, al punto da indurre l'ISS (Istituto Superiore di Sanità) a diffondere un'allerta di grado-uno al Ministero della Salute, all'AIFA e alle regioni, in quanto l'esposizione anche involontaria da parte di bambini a questa sostanza avrebbe certamente effetti anche gravi in termini di cardiotossicità e neurotossicità (allucinazioni, letargia, atassia, riduzione dello stato di coscienza, coma, depressione respiratoria, tachicardia, sincopi, convulsioni).
L'AZIONE DI CONTRASTO Il nostro Paese è certamente all'avanguardia nel contrasto all'uso voluttuario della cannabis, con l'istituzione da parte della OMCEO di Roma di un Gruppo di lavoro per la prevenzione dei danni causati dalla cannabis, a cui lo scrivente si onora di appartenere.
I PUNTI FERMI 1. La Cannabis non è una droga leggera, essendo dotata di un'ampia gamma di proprietà psicoattive. Tra le sostanze maggiormente presenti nei prodotti a base di cannabis ricordiamo il THC (Delta9-tetraidrocannabinolo), che ha effetto psicostimolante, ed il CBD (cannabidiolo) che ha effetto sedativo. Come anticipato, nel commercio illegale la cannabis ha subito selezioni genetiche per aumentarne le caratteristiche psicotrope (incremento del contenuto in THC) con rischio più elevato di induzione di psicosi.
2. La Cannabis dà dipendenza, contrariamente a quanto molti ritengono: il 30% di coloro che usano cannabis presentano una tossicodipendenza dal nome "Disturbo da uso di cannabis".
Inoltre, le persone che iniziano l'uso prima dei 18 anni rischiano da 4 a 7 volte più di un adulto di sviluppare il suddetto Disturbo.
3. Autorità scolastiche, pediatri e genitori devono preoccuparsi per l'insorgenza ormai precocissima dell'inizio di assunzione di cannabis: tra gli 11 ed i 14 anni. L'Italia detiene il triste primato (con la Francia) di ragazzi che hanno fumato cannabis la prima volta a 13 anni o prima dei 13 anni di età.
I RISCHI CONCRETI Sempre riprendendo i dati da un recente documento del "Gruppo di lavoro per la prevenzione dei danni causati dalla cannabis", elenchiamo qui sotto i rischi concreti, scientificamente documentati, del consumo voluttuario di cannabis: ò Suicidio: gli adolescenti che fanno uso regolare di marijuana hanno probabilità sostanzialmente maggiori di una successiva dipendenza da cannabis, di uso di altre droghe illecite, e di tentativo di suicidio.
ò Sviluppo della sindrome amotivazionale e disturbo schizofrenico: tra i consumatori abituali di cannabinoidi, almeno uno su dieci dei precoci e forti consumatori (1-2 gr/die) sviluppa un disturbo schizofrenico e almeno uno su tre sviluppa una sindrome amotivazionale da cannabis. Inoltre, l'uso regolare di cannabis con alti livelli di THC e bassi livelli di CBD, aumenta di 3-5 volte il rischio di sviluppare schizofrenia.
ò Cancellazione della memoria: la formazione di ricordi comporta la creazione di nuovi circuiti tra neuroni. Il THC produce l'effetto di "cancellazione casuale". Nel cervello, nel tempo, interviene una sorta di "potatura" per eliminare i collegamenti inutilizzati tra i neuroni, identificati proprio perché le loro sinapsi inattive rilasciano endocannabinoidi. Il THC, che interferisce con l'azione delle molecole simili, come appunto gli endocannabinoidi, crea una "potatura generalizzata" colpendo anche i circuiti utili. In pratica cancella la memoria.
ò Compromissione delle capacità cognitive: nei consumatori regolari di cannabis si è costantemente riscontrata, la presenza di deficit nell'apprendimento verbale, nella memoria e nell'attenzione. I consumatori di cannabis precoci e persistenti hanno mostrato un calo medio di otto punti nel Quoziente d'Intelligenza (QI) rispetto ai coetanei che non l'avevano usata e ai coetanei che consumavano cannabis ma non in modo sostenuto. In pratica si diventa meno intelligenti... Non solo: una recente analisi che utilizza i dati di tre ampi studi in Australia e Nuova Zelanda ha rilevato che gli adolescenti che facevano uso regolare di marijuana avevano minore probabilità, rispetto ai loro coetanei non utilizzatori, di terminare la scuola superiore o di raggiungere la laurea.
ò Declino neuropsicologico: test neuropsicologici sono stati condotti all'età di 13 anni (prima dell'inizio del consumo di cannabis) e di nuovo all'età di 38 anni (dopo che si era sviluppato un modello di consumo persistente di cannabis). L'uso persistente di cannabis è stato ampiamente associato al declino neuropsicologico in tutti i domini di funzionamento (avendo tenuto sotto controllo la variabile "anni di istruzione"). Il deterioramento si è concentrato tra i consumatori di cannabis ad esordio adolescenziale, con un uso più persistente associato a un maggiore declino.
ò Disturbi a livello delle vie aeree: fumare cannabis provoca, a livello delle vie aeree, danni anche peggiori rispetto a quelli provocati dal fumo di tabacco, a causa di inalazioni prolungate e profonde ed elevato contenuto di idrocarburi insaturi (per quanto riguarda il catrame che si deposita nel polmone, si stima che uno spinello corrisponda a cinque sigarette). Si è calcolato che il fumo di marijuana induce broncocostrizione a causa di un effetto infiammatorio causato dalla sostanza stessa, con insorgenza di bronchiti e tossi croniche.
ò Danni oncologici: carcinoma orofaringeo e laringeo è possibile negli assuntori abituali. In un campione di pazienti con carcinoma di età inferiore ai 40 anni è emerso che il 70% di essi aveva una storia di uso cronico della sostanza. Un ulteriore studio su 12 giovani (dai 19 a 38 anni) con diagnosi di carcinoma squamoso oro-faringeo, ha svelato che erano tutti fumatori abituali di marijuana. Scoperta replicata in un altro campione di 20 giovani con carcinoma laringeo. Probabilmente, oltre alla modalità di assunzione, le cause sono ascrivibili alle maggiori concentrazioni di benzopirene e benzoantracene presenti nella marijuana (idrocarburi aromatici policiclici noti per le proprietà cancerogene). Inoltre, fumare cannabis potenzia gli effetti cancerogeni del tabacco.
ò Compromissione immunitaria: svariati studi dimostrano che l'assunzione cronica di cannabis predispone all'aumento di infezioni da Herpes simplex. Inoltre il THC riduce la risposta immunologica di difesa verso le infezioni da Escherichia coli, Listeria monocytogenes e Staphylococcus aureus.
CANNABIS E LEGALIZZAZIONE Il problema ha certamente molte facce, anche in funzione della squallida realtà criminale dello spaccio, peraltro non è di semplice risoluzione: limitandoci all'aspetto strettamente medico, nei paesi dove la legalizzazione è avvenuta, i problemi sono certamente peggiorati. Ad esempio, la legalizzazione della cannabis può facilitarne l'uso nella popolazione universitaria. Negli Stati Uniti, l'aumento più marcato dei consumatori di cannabis dopo la legalizzazione è stato nella popolazione in età universitaria (18-25 anni di età) con il 38% degli studenti universitari che usa regolarmente prodotti a base di marijuana. Sempre negli Stati Uniti, i cambiamenti delle politiche sulla marijuana hanno avuto effetti contrastanti sulla salute degli adolescenti: i potenziali benefici della depenalizzazione si scontrano con gli esiti negativi sulla salute evidenziati dall'aumento degli incidenti automobilistici legati alla cannabis, dalle visite al pronto soccorso e dai ricoveri in ospedale. Il caso delle Hawaii è particolarmente significativo. Le Hawaii hanno legalizzato la cannabis nel 2000.
I dati del Fatality Analysis Reporting System sono stati analizzati prima (1993-2000) e dopo (2001-2015) la legalizzazione. È emerso che la positività al THC tra i decessi dei conducenti è aumentata dalla legalizzazione, triplicando dal 1993-2000 al 2001-2015. La metanfetamina, che è rimasta illegale, e la positività all'alcol non erano significativamente diverse rispetto a dopo il 2000. Le vittime THC-positive erano più giovani e, più probabilmente, avevano incidenti con un solo veicolo, notturni e per eccesso di velocità. Era meno probabile che avessero usato una cintura di sicurezza o un casco (33% contro 56%). La positività al THC tra tutti i pazienti feriti testati presso il centro traumatologico è aumentata dall'11% al 20% dopo la legalizza zione (praticamente raddoppiata).
(leggi l'articolo sulla rivista Nd)
(Red)