Roma, 1 mar. - 'I dati del Programma nazionale esiti confermano un graduale miglioramento della qualita' delle cure a livello nazionale su tutte le aree cliniche analizzate'. Cosi' il direttore generale di Agenas, Domenico Mantoan, commentando i dati del Programma nazionale esiti (PNE) 2020 di Agenas, in collaborazione con l'Istituto superiore di Sanita' e con il dipartimento di Epidemiologia della ASL Roma 1, presentati oggi durante una conferenza stampa al ministero della Salute. Il Programma ha l'obiettivo di valutare l'efficacia, l'appropriatezza, l'equita' di accesso e la sicurezza delle cure garantite dal Servizio sanitario nazionale. L'edizione 2020 (disponibile all'indirizzo: https://pne.agenas.it/) analizza 177 indicatori (72 sugli esiti e i processi assistenziali, 75 sui volumi di attivita' e 30 sui tassi di ospedalizzazione) in relazione ai seguenti ambiti clinici: cardio e cerebrovascolare, digerente, muscolo-scheletrico, pediatrico, ostetrico e perinatale, respiratorio, oncologico, urogenitale e malattie infettive.
Per Mantoan c'e' comunque ancora 'da lavorare per superare alcune criticita', quali la frammentarieta' dell'assistenza ospedaliera- ha proseguito Mantoan- nonche' per limitare le disomogeneita' di prestazioni presenti sia a livello interregionale sia intraregionale. L'impegno di Agenas, che anche con il PNE prosegue la sua attivita' di ricerca e di supporto nei confronti del ministro della Salute, delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e di Bolzano, rimane costante nella definizione di una maggior efficacia degli interventi sanitari, nonche' di qualita', sicurezza e umanizzazione delle cure', ha concluso.
Nel corso di questi anni Agenas attraverso il Pne si e' 'concentrata nella valutazione comparativa tra soggetti erogatori, quali aziende sanitarie (ospedali pubblici e privati accreditati)- ha quindi proseguito il presidente Enrico Coscioni- oltre che tra gruppi di popolazione, osservando un costante miglioramento delle strutture le cui aree cliniche si collocano in molti casi a livelli di qualita' alti o molto alti. Si tratta di importanti risultati che ci stimolano a proseguire nella direzione di un ampliamento delle attivita' oggetto di indagine senza, ovviamente, mai dimenticare l'importanza nella qualita' dei dati come dimostrano gli oltre 3.000 audit condotti', ha concluso.
INFARTO ACUTO MIOCARDIO, RIDOTTA ANCORA MORTALITÀ A 30 GIORNI RICOVERO - L'ospedalizzazione per infarto miocardico acuto continua progressivamente a ridursi, attestandosi su un volume complessivo di circa 123mila ricoveri nel 2019, contro un valore di circa 136mila nel 2012. Ma il dato positivo e' soprattutto quello relativo all'indicatore di mortalita' a 30 giorni, in continua diminuzione: dal 10% del 2012 e' passata al 7,9 del 2019, un dato che rimane sempre al di sotto della media europea che si attesta al 9,3% secondo il dato Ocse 2017.
Per quanto riguarda i pazienti con infarto acuto del miocardio trattati precocemente con angiopolastica coronarica percutanea transluminale (Ptca), entro due giorni dal ricovero si e' passati 'da una media di pazienti trattati del 68,2% nel 2012, all'80,2% nel 2019', con una contestuale diminuzione negli ultimi due anni della variabilita' tra le strutture a livello nazionale.
Soprattutto c'e' stata una riduzione dell'eterogeneita' interregionale con un progressivo miglioramento nelle regioni del sud (in particolare in Sicilia, Puglia e Campania) anche grazie a una sempre piu' efficiente gestione dell'emergenza nelle reti Hub&Spoke.
TUMORE A SENO, STANDARD OTTIMALI SOLO IN 136 STRUTTURE SU 152 - Il carcinoma mammario rappresenta il 30% di tutti i tumori. Nel 2019 in totale sono state 152 le unita' operative che hanno effettuato 135 interventi l'anno, ma di queste solo 136 strutture hanno raggiunto gli standard ottimali, comprendo il 68,9% della casistica complessiva. Dunque circa un terzo delle pazienti ha ricevuto un trattamento in unita' operative al di fuori delle performance attese.
Il Pne riporta poi i dati relativi al re-intervento entro 120 giorni da un intervento conservativo: la proporzione di nuove resezioni si e' ridotta nel tempo passando 'dall'11,3% del 2012 al 6,4% del 2019'. Di nuovo si registra una differenza tra regioni e anche all'interno di una stessa regione.
TUMORE MALIGNO DEL POLMONE Nel 2019, 178 strutture ospedaliere hanno eseguito 12.166 interventi chirurgici per tumore maligno del polmone. 134 hanno effettuato piu' di 5 interventi chirurgici e tra queste 77 strutture ( il57,5%) hanno raggiunto o superato l'asticella di 50 interventi annui, valore soglia di esito piu' favorevole. Una quota pressoche' stabile rispetto all'anno precedente.
TUMORE MALIGNO DELLO STOMACO Sono state 534 le strutture che hanno eseguito interventi chirurgici per questo tipo di tumore. 249 hanno effettuato non piu' di 5 interventi l'anno, solo 78 (il 27,4%) ha raggiunto un volume di attivita' di almeno 20 interventi e 30 (il 13%) ha superato il tetto dei 30 interventi l'anno. Rispetto al 2018 di e' evidenziato un aumento della frammentazione della casistica, sono cioe' aumentate le strutture con non piu' di 5 interventi anno e diminuite quelle che avevano raggiunto i 20 interventi.
TUMORE MALIGNO DEL PANCREAS Nel 2019 in Italia sono stati eseguiti 2.710 interventi chirurgici per carcinoma del pancreas in 230 strutture, di cui soltanto 17 hanno superato il cut-off di 30 interventi anno. (il 58% dei ricoveri totali). In veneto una sola struttura ha effettuato da sola il 13,4 degli interventi per un totale di 362 casi.
TREND IN POSITIVO PER FRATTURE FEMORE OPERATE ENTRO 48 ORE - Trend in positivo per le fratture di femore operate entro le 48 ore, anche se c'e' ancora da fare. Dal 2012 al 2019 il trend dei ricoveri chirurgici per frattura di femore e' stato in continuo aumento con una crescita di quasi 10mila interventi in piu' (da 84.698 nel 2012 a 94.643 nel 2019). Il tetto minimo fissato dal Dm 70 e' di 75 di interventi annui per struttura complessa. Nel 2019 delle 690 strutture analizzate il 61,7% (426 strutture) ha raggiunto la soglia indicata, ma ben 171 strutture, pari al 24,8% del totale, effettuano meno di 10 interventi l'anno.
Per quanto riguarda le fratture di femore operate entro le 48 ore nei pazienti over 65, indicatore essenziale per verificare la qualita' del processo assistenziale, i '66,8% delle strutture ha raggiunto gli standard previsti (pensiamo che nel 2012 solo in 4 strutture su 10 i pazienti venivano operati tempestivamente)', si legge nel Pne. In numeri, il 25% in piu' dei pazienti in questo arco temporale e' entrato in camera operatorie entro 2 giorni.
Diminuito anche il gap tra Regioni, grazie a un progressivo recupero soprattutto nelle regioni del sud: se 'nel 2012 lo scarto era del 35,4% (da 21.5% a 56,9%) ora si e' ridotto al 24% (da 55,3 al 79,8%)'. Si assiste dunque ad un migliore equita' di accesso a un trattamento di provata efficacia e di riduzione delle disabilita' e della mortalita'.
Ma questo non toglie che le performance di alcune Regioni siano deficitarie: in Molise e in Calabria la mediana e' 'rispettivamente del 33,7% e del 35,5%'. Percentuali basse se paragonate a quelle di Trento (dell'84,8%) che indicano come ci sia ancora da lavorare. Rimane invece un'alta variabilita' intra-regionale. In strutture dove si registrano mediamente valori superiori al 60% (sogli minima identificata dal Dm 70%) le percentuali crollano invece al 30% in altre: Piemonte, Lombardia, Lazio, Puglia e Sicilia.
PUNTI NASCITA, CRITICITÀ PER VOLUMI ATTIVITÀ IN 142 STRUTTURE - In Italia, il numero di parti si e' progressivamente ridotto nel corso del tempo, passando 'da 441.078 del 2018 a 417.144 nel 2019 (-5,4%)'.
'Il 32,2% delle strutture considerate nel Pne (sia pubbliche che provate non accreditate)- si legge nel documento- ha eseguito piu' di mille parti annui (153 in totale), coprendo il 62,4% del volume totale su base nazionale'. Ma 142 strutture, cioe' 'il 6,8%', rimangono al di sotto del valore soglia dei 500 parti annui fissato dal Dm 790. 'Maglia nera' al 17,6% strutture del Lazio, al 13,4% della Sicilia e al 10,6% della Campania.
PARTI CESAREI - La frequenza di taglio cesareo primario e' diminuita progressivamente negli ultimi anni, passando 'da un valore mediano di 25,3% al 21,5% del 2019 (eravamo al 37% nel 2004)'. Soprattutto negli ultimi tre anni si e' registrato un forte rallentamento dei parti cesarei, ma ancora insufficiente rispetto allo standard internazionale fissato dall'Oms al 10-15% del totale dei parti.
Se si escludono le strutture con bassi volumi di attivita' (meno di 500 parti annui), solo 'il 14,4% delle maternita' con meno di mille parti e il 63,4% dei punti nascita con volumi superiori a mille sono in linea con quanto stabilito dal Dm 70 che fissa al 25% la quota massima di cesarei nelle maternita' con piu' di mille parti annui (al 15% nelle altre)'. In alcune regioni del sud nel 2019 si segnalano strutture con percentuali di taglio cesareo primario oltre il 50% (Sicilia) o addirittura oltre il 60% in Campania, che continua quindi ad essere maglia nera.
PARTI VAGINALI - La proporzione di parti vaginali eseguiti in donne che hanno gia' partorito con taglio cesareo si mantiene ancora bassa e con un incremento contenuto nel tempo: 'dal 5,5% del 2012 si e' passato la 10% nel 2019', si legge nel Pne. Anche in questo caso c'e' una differenza tra regione e regione: in particolare alcune strutture in Lombardia, Friuli, Veneto, Bolzano, Campania e Sicilia riescono a garantire il parto vaginale a oltre il 40% delle donne con parto cesareo pregresso. Di contro ci sono strutture che riescono a garantirlo solo a circa 1/3 delle donne.
COLECISTECTOMIA LAPAROSCOPICA, 98.779 INTERVENTI NEL 2019 - Nel 2019 sono state effettuati 98.779 interventi di colecistectomia laparoscopica: 816 strutture hanno superato la soglia minima di 100 interventi anno (l'81% della casistica complessiva), ma ben 205 strutture sono rimaste ben al di sotto dei volumi ottimali.
Per quanto riguarda le tempistiche i ricoveri con degenza post operatoria inferiori a tre giorni indicativi di performace ottimali, si e' passati 'da 63,9% del 2012 all'84,6% del 2019'. Le strutture che rispettano lo standard fissato al 70%, come quota minima di colicistectomia con degenza post operatoria inferiori a tre giorni, sono invece aumentate passando 'dal 77,7% del 2018 al 79,7% nel 2019'.
(Comunicati)