(DIRE - Notiziario settimanale Esteri) Roma, 15 lug. - "I giovani di Haiti hanno bisogno di futuro e di opportunità. Per questo, nonostante il momento di profonda instabilità, noi ong non lasciamo il Paese". Marco Decesari è rappresentante ad Haiti, Paese tra i più poveri dell'America Latina, di due associazioni italiane, Cisv onlus di Torino e l'ong Progetto mondo di Verona. L'agenzia Dire lo raggiunge a Port-au-prince, ancora scossa per l'assassinio del presidente Jovenel Moise, ucciso la settimana scorsa nella sua abitazione da un commando di uomini armati. In conferenza stampa oggi la polizia ha rivelato di aver arrestato la presunta "mente" di questa operazione di commando: Christian Emmanuel Sanon, un cittadino haitiano di 63 anni arrivato dalla Florida che avrebbe coordinato l'attacco per prendere il posto di Moise. La ricostruzione dei fatti resta tuttavia ancora incerta.
"L'instabilità ad Haiti è cronica" dice Decesari, ricordando che dal terremoto del 2010 alle proteste per il carobenzina del 2019, la sicurezza non ha fatto che peggiorare: "Si sono formate bande armate dedite anche ai sequestri che secondo report dell'Onu hanno creato solo nell'ultimo anno 18.000 sfollati nei quartieri più poveri della capitale".
In questo quadro, la presenza delle organizzazioni di cooperazione allo sviluppo diventa cruciale, sebbene tra la popolazione, dice il responsabile, ci sia "diffidenza". "Dopo il terremoto del 2010 ne sono arrivate tante", evidenzia Decesari, ma la situazione non sarebbe migliorata in modo sostanziale. E poi c'è stata la missione dei caschi blu delle Nazioni Unite, la Minustah, che ha lasciato il Paese nel 2017, dopo accuse di violenze e abusi anche nei confronti delle donne.
Così Cisv e Progetto mondo hanno scelto un approccio meno emergenziale e più di medio e lungo periodo: nei dipartimenti di Artibonite e Centre - che insieme sfiorano una popolazione di due milioni e mezzo di abitanti - realizzano progetti di sviluppo rurale, con creazione di impiego per i giovani. Ventimila le persone coinvolte.
La Banca mondiale nel 2020 avvertiva che il tasso di disoccupazione ad Haiti è al 14%, ma per il Consiglio superiore dei salari - un organismo pubblico istituito nel 2009 - avrebbe superato il 40% nel 2017. Decesari continua: "Sebbene Haiti sia un piccolo Paese, le infrastrutture sono poche e le zone rurali sono spesso completamente tagliate fuori. Ai ragazzi offriamo quindi opportunità, dai corsi di formazione al sostegno per creare piccole imprese agricole, accompagnandoli nell'accesso ai mercati". Un'attività che non è stata fermata né dalla crisi politica né da quella sociale: il Covid non ha travolto il Paese caraibico ma si è fatto sentire coi contraccolpi della stagnazione economica. "Ora l'ideale sarebbe che tornasse un po' di stabilità" dice Decesari, convinto di restare: "Non c'è motivo di andarsene". Per il presidente di Progetto mondo, Mario Mancini, la prospettiva della pace appare però lontana: "La Corte costituzionale aveva decretato scaduto il mandato del presidente Moise mentre lui sosteneva che terminasse nel 2022". Una situazione di stallo che si era sommata all'assenza del parlamento, perché il presidente non aveva voluto organizzare le legislative. Solo di recente Moise veva deposto il primo ministro, salvo poi non affrettarsi a far giurare il nuovo. Ora quindi, spiega Mancini, "c'è scontro su chi debba assumere la presidenza ad interim". Sui media italiani, conclude il presidente, "la questione haitiana è stata presentata come un problema improvviso ma la verità è che qui l'instabilità è storica".
(Alf/Dire) (Red/ Dire)